SIMONE CAVADINI
Simone Cavadini
RES PVBLICA

Simone Cavadini è un fotografo di origini ticinesi, attualmente residente a Parigi.

Nel suo attuale progetto, RES PVBLICA, egli analizza il rapporto tra spettacolo e potere nei media italiani, concentrandosi sugli spazi e gli studi di Mediaset, la piu grande televisione privata del Paese, nei centri di Milano e Roma.

Simone mostra il gioco ipnotico della realtà mediatica e televisiva fotografando le imponenti scenografie barocche di questi studi, che con colori saturi e giochi di luce trasmettono l’idea di un’economia florida e di un benessere diffuso. Partecipanti e spettatori finiscono così immersi in un eccesso visivo che li priva della loro dimensione individuale.

Simone Cavadini
RES PVBLICA

Il progetto di Simone suggerisce quindi una lettura critica del ruolo dello spettacolo nella nostra società. La scelta di utilizzare il mezzo fotografico, inoltre, mira a bloccare il ritmo frenetico delle immagini televisive cosi da renderne analizzabile la struttura, l’allestimento scenico. Un atto che vuole spezzare il monopolio di questi dispositivi per permettere all’individuo di recepire le immagini in modo più consapevole.

Il suo lavoro è stato selezionato in vari concorsi, nazionali e internazionali. Tra questi citiamo gli Swiss Photo Award nel 2013, il New York Photo Award nel 2014 e nel 2015 il Prix Photo di Zurigo e il Prix Photoforum di Bienne.

Che rilevanza ha il concetto di UTOPIA in merito alla tua pratica, al tuo approccio e alle tue strategie?

Simone Cavadini
RES PVBLICA

Trovo importante avere una nozione di utopia nel proprio lavoro – la continua ricerca di qualcosa che forse nemmeno esiste ma che porta a nuovi stimoli, spingendo il progetto più lontano. L’etimologia di questo termine crea, inoltre, un collegamento con il mio lavoro. Utopia significa “non luogo” ma allo stesso tempo “buon luogo”.
Il progetto RES PVBLICA mostra, infatti, attraverso gli studi televisivi della più grande emittente privata italiana, un esempio concreto di utopia divenuta realtà. Le scenografie, i set, le ricostruzioni, il formato stesso delle trasmissioni puntano a creare un mondo alternativo che mira a raggiungere una sorta di “ideale” un po’ deforme e forzato, dove tutto è bello, positivo, sicuro ma spettacolare. Il confine tra realtà e finzione diventa così molto sottile, arrivando persino a far confondere le due cose agli occhi dello spettatore.

Simone Cavadini
RES PVBLICA

L’Utopia si può definire come l’immaginazione di un sistema ideale o come il modello di un organizzazione civile. Che ruolo svolge la pratica creativa in merito a questo concetto? In altri termini, il design può cambiare la società, facendo riferimento all’aspirazione utopica comune di creare una nuova società attraverso il design?

Il design aiuta da sempre a risolvere problemi ed a stimolare lo sviluppo della società, cercando soluzioni e risposte. Purtroppo – o per fortuna – un modello ideale di società civile non è stato ancora costruito, ma se avessimo già raggiunto questo modello forse l’arte ed il design avrebbero meno stimoli e meno storie da raccontare. I problemi in qualche modo possono essere proprio l’elemento necessario per migliorare la società e farla progredire continuamente.

Ci sono dei manifesti, pubblicazioni o pensatori che hanno influenzato il tuo lavoro o la tua mentalità?

Un testo che mi ha particolarmente stimolato nella realizzazione di RES PVBLICA é “Che cos’è un dispositivo” del filosofo italiano Giorgio Agamben. In questo scritto riprende il concetto del “dispositivo” di Foucault, riflettendo sulle trasformazioni attuali (anche tecnologiche) dell’esercizio del potere nel contesto della società dell’informazione.

Altre informazioni su Simone Cavadini qui.